NOTTI IN BIANCO     QUANDO UN GIORNO ARRIVA IL PANICO

NOTTI IN BIANCO: COME “COLORARLE” E RECUPERARE IL SONNO PERDUTO

Propongo, attraverso questo articolo, una riflessione sull’umanissima esperienza delle notti in bianco. Si, esatto, quell’ interminabile ammasso di ore passato tra uno sguardo e l’altro alla sveglia sul comodino, a camminare lungo il corridoio tra camera e soggiorno, a leggere pagine e pagine di libri (ma anche l’elenco telefonico a quel punto andrebbe bene) o ancora, ad usurare il telecomando a forza di zapping, senza mai arrivare al mirabile ed inafferrabile attimo in cui, “paf”, ci stacchiamo dall’ancoraggio della veglia e salpiamo verso lo sconfinato mare aperto di un sonno pacifico e ristoratore. Considerando che l’insonnia risulta essere il più frequente disturbo del sonno del mondo industrializzato, con delle percentuali nella popolazione adulta che vanno dal 10 al 15% per la forma cronica,  e dal 25 al 35% per forme più transitorie, è altamente probabile che, anche se in modo sporadico, sia un’esperienza che potremmo raccontare praticamente tutti.

Se già molte branche della medicina da sempre hanno riconosciuto rilevanza clinica al sonno che non arriva, anche la psicologia, dagli anni ’50 in poi, ha cominciato ad occuparsene. In particolar modo hanno avuto risultati positivi approcci terapeutici sintomatici che andavano a lavorare sul disturbo sottostante l’insonnia (l’ansia, un disturbo dell’umore ecc..), senza dare troppo spazio alle cause alla base della sua strutturazione. Del resto, di fronte ad un sintomo così invalidante e che compromette la qualità della vita come la perdita del sonno, c’è poco da far “dietrologie”, direbbero in molti di quelli che sanno per esperienza di che stiamo parlando. Purtroppo questi approcci pragmatici hanno nel corso del tempo mostrato i loro limiti nei casi in cui l’insonnia si inserisce all’interno di un quadro depressivo cronico o di un importante disturbo dell’ansia, con i quali sottovalutare l’aspetto intrapsichico che li ha generati equivale a non comprenderne il significato all’interno della vita di quella persona. Come per qualsiasi altro disturbo psicofisico infatti, anche la nostra insonnia parla di noi e se non si è accompagnati a coglierne il messaggio profondo, essa ci avrà tormentato invano, insieme a tutte le ore di sonno che ci ha fatto perdere.

I VOLTI DELL’INSONNIA, LE PAROLE DEGLI INSONNI

Ma facciamoci aiutare nella comprensione dai veri “esperti” del problema, gli insonni. Vi propongo alcune loro visioni, la fenomenologia della loro insonnia, il modo in cui l’hanno descritta.

Concedetemi però di partire dalla letteratura. Così in “Memorie di Adriano”, Marguerite Yourcenar, fa sapientemente descrivere l’insonnia dall’ormai anziano imperatore romano: «Che cos’è l’insonnia se non la maniaca ostinazione della nostra mente a fabbricare pensieri, ragionamenti, sillogismi e definizioni tutte sue, il suo rifiuto ad abdicare di fronte alla divina incoscienza degli occhi chiusi o alla saggia follia dei sogni? L’uomo che non dorme si rifiuta più o meno consapevolmente di affidarsi al flusso delle cose»

Troviamo così il rifiuto di abbandonarsi, il continuare senza tregua, notte e giorno,  a controllare il controllabile, là dove addormentarsi equivale a “lasciare andare la giornata” per quello che ha dato e anche per quello che non ha dato.   Chi di voi risponde all’appello? Già tanti.

“Vivo la mia insonnia come una mancata ricarica, unita all’idea che il giorno dopo sarò sicuramente stanco morto. E poi penso che sto perdendo un’altra occasione di fare un bel sogno, accidenti!”. Così dice Alessio, che ci ricorda quanto il sonno perso , una notte dopo l’altra, ci porti ad accumulare un debito energetico che paghiamo di giorno con irritazione, nervosismo e scarsa concentrazione e quanto la possibilità di lasciarsi andare al sonno sia un’esperienza piacevole di per sé, del tempo goduto, oltre che utile; non a caso il significato letterale di insonnia è “assenza di sogni”.

Dino invece ci racconta, attraverso queste parole, di un periodo ormai passato della sua vita in cui: “La sera ero terrorizzato all’idea di andare a letto, perché tanto, di dormire non se ne parlava mai! …e adesso che mi  ci fai pensare, la preoccupazione era diventata più fastidiosa della notte in bianco di per sè”. Il disturbo nel disturbo, l’ansia anticipatoria e l’impotenza appresa circa le proprie capacità di addormentamento, come se tutto potesse essere ridotto a una serie di “cose da fare”, schema mentale questo, che ci attiva ulteriormente alimentando e rinforzando la nostra insonnia.

La notte è lo spazio-tempo dell’intimità con se stessi, la possibilità-necessità di raccogliersi con la propria realtà interiore  e nulla più. L’assenza di altre distrazioni fa si che la forza dei nostri pensieri, già difficilmente arginabile anche durante la veglia, dimostri in modo inequivocabile il suo predominio su tutto il resto. Così Paola mi racconta:  “E’ un susseguirsi di pensieri, li giri proprio tutti! E non ce n’è mai uno che dici ‘Oooh! che bello!’ Sono le cose peggiori quelle che ti vengono in mente di notte!”- E ancora “La notte, se non dormi, qualsiasi peso che hai nel cuore, è esclusivamente tuo. Non c’è nessuno con cui tu possa condividerlo fino a domani”.

Chiudiamo infine con le parole di un’altra insonne, Giusy, che ci fa presente un’ulteriore possibile “inconveniente” connesso all’impossibilità di addormentarsi: “Non dormire di per sé non sarebbe un problema. Il problema, quello vero, è che quando non dormo, mangio!”

COSA POSSIAMO FARE

Personalmente, nella mia pratica clinica consiglio e propongo un approccio integrato, che coniuga il necessario spazio all’ascolto della persona, del significato da lei attribuito al suo problema e delle peculiarità con cui esso si manifesta nel suo quotidiano, con un lavoro sul piano corporeo che consiste in una serie di trattamenti shiatsu e sedute finalizzate all’apprendimento di tecniche di rilassamento.

IL COLLOQUIO CLINICO: L’ASCOLTO E LA COMPRENSIONE GLOBALE  

E’ necessario partire da una valutazione clinica che ci metta in condizioni anzitutto di fare una diagnosi differenziale rispetto ad altri disturbi psichici (compresi i diversi disturbi del sonno). Attraverso un primo incontro di conoscenza sarà infatti possibile ricostruire la storia dell’insorgenza del problema e raccogliere la descrizione dettagliata direttamente dall’interessato; non dimentichiamo infatti che è lui il principale esperto di sé e del funzionamento del proprio organismo e che il ruolo del terapeuta è quello di accompagnarlo e a volte guidarlo nella decodifica dei suoi segnali.

Qui di seguito riporto i criteri diagnostici del Disturbo da Insonnia, secondo il DSM-5 2013.

Si può parlare di insonnia quando:

A. Viene riferita una predominante insoddisfazione riguardo la quantità o la qualità del sonno, associata a uno (o più) dei seguenti sintomi: 1. Difficoltà a iniziare il sonno. 2. Difficoltà a mantenere il sonno (frequenti risvegli notturni o problemi a riaddormentarsi dopo essersi svegliati). 3. Risveglio precoce al mattino con incapacità a riaddormentarsi.

B. L’alterazione del sonno causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento diurno.

C. La difficoltà del sonno si verifica almeno 3 volte a settimana.

D. La difficoltà del sonno persiste almeno da 3 mesi.

E. La difficoltà del sonno si verifica nonostante adeguate condizioni per dormire.

F. L’insonnia non è meglio spiegata da, e non si verifica esclusivamente durante il decorso di un altro disturbo del sonno-veglia.

G. L’insonnia non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza.

H. Disturbi mentali e condizioni medici coesistenti non spiegano il disturbo di insonnia.

Ma torniamo ad occuparci del nostro insonne in carne ed ossa e nel parlare con lui prestiamo la massima attenzione, oltre che alla sua storia, anche al racconto della sua quotidianità e del suo stile di vita (attività lavorative ed extra, vita familiare, abitudini alimentari ed orario in cui va a coricarsi) Da questo infatti possiamo avere utili indicazioni sulla sua personalità e provare a dare risposta  alla seguente domanda: “Il nostro insonne vuole veramente dormire?”

LO SHIATSU: ARMONIZZARE LE FORZE DEL GIORNO E DELLA NOTTE

Nell’insonnia è la mente, che imponendosi sui bisogni del corpo, non permette i normali processi di preparazione del riposo notturno.

Il principale obiettivo di un trattamento shiatsu è armonizzare, cioè riequilibrare le diverse istanze che abitano il nostro organismo e che si esprimono, secondo la Medicina Tradizionale Cinese, attraverso la dualità Yin/Yang, forze complementari ed in continuo movimento l’una verso l’altra, presenti sia nella natura che nell’uomo.

In quest’ottica l’insonnia si configura come un eccesso di yang serale contemporaneo ad un vuoto di yin , là dove invece il sonno verrebbe naturalmente provocato da una pienezza fisiologica serale dell’energia yin, simile al movimento acqua, al raccogliersi  in se stessi, alla quiete,  contemporaneamente ad un minimo dell’energia yang , propria del movimento fuoco, tendente ad attivare  ed a “portar fuori”. Più in generale possiamo dire che quando lo Yang non cede allo Yin avremo insonnia.

LA PSICOTERAPIA: COMPRENDERE IL MESSAGGIO DEL SINTOMO E FARNE STRUMENTO DI CRESCITA

La psicoterapia è il luogo, il tempo e il percorso privilegiato per osservare e conoscere, con la guida di un “testimone”, il terapeuta, ciò che ci descrive, che racconta una parte di noi, che mette in luce ciò da cui ci stiamo difendendo ma che evidenzia anche le motivazioni più profonde del nostro essere in vita.

Come detto in precedenza, il sonno alterato è riscontrabile nei disturbi dello spettro ansioso dove spesso si innesca un circolo vizioso tra ansia e qualità del sonno: non dormendo bene, il giorno dopo si è nervosi e ansiosi, per poi arrivare a sera stanchissimi ma insonni. Lo stato di allerta dell’ansioso è 24 ore su 24.

Al contrario invece il depresso lamenta apatia, sonnolenza e stanchezza; vi può essere cioè  un eccesso di sonno senza la possibilità di trarne beneficio. In quel caso il sonno non è più uno stato, bensì un comportamento con il quale ci si sottrae alla vita diurna. Nel caso di un disturbo dell’umore particolarmente severo infatti può essere utile una deprivazione controllata del sonno , la cui efficacia è spiegata dal legame tra la fase Rem (detta anche “sonno paradosso”) e l’amigdala che favorisce il riattivarsi, attraverso l’ippocampo, di emozioni negative proprio durante il sonno. Il depresso cerca cioè conforto nel sonno ma l’esperienza emozionale che vive non fa che aggravare il suo stato depressivo.

L’ancoraggio dell’ansioso alle preoccupazioni per il futuro e il richiamo continuo del depresso alle rimuginazioni sul passato sono ciò che in definitiva ne determinano il cattivo rapporto con il sonno ristoratore che ha un unico tempo: il presente.

Durante il “racconto di sé” che il paziente fa in psicoterapia capita di incontrare alcune tipologie di insonne, ognuna delle quali ha dei costrutti e delle dinamiche emotive diverse alla base della mancanza di sonno.

Il controllo sulle emozioni

L’insonne è spesso una persona che ha perso familiarità con la propria dimensione interiore, di conseguenza la notte rappresenta per lui la minacciosa possibilità di entrare nel mondo estraneo,  misterioso e lunare del proprio inconscio, dove si incontrano passivamente le ombre degli aspetti emotivi più temuti da ognuno: dal rancore represso,  alle paure ancestrali, ai desideri mai accettati. Questo può generare sonno interrotto o molto disturbato. Ciò che questa persona teme di più è proprio la perdita di controllo sulle proprie parti passionali ed aggressive che censura e tiene  a freno rigidamente con la razionalità, allontanandosi da tutto ciò che rappresenta il momento del lasciarsi andare, di cui il sonno è la massima espressione.

L’eterna ricerca di “qualcosa”

Generalmente queste persone, energiche, iperattive e idealiste, sono dei veri e propri vulcani sia dal punto di vista fisico che mentale. E’ la parte emotiva, primaria e più autentica della propria psiche, quella femminile (la parte “Yin”), con cui non hanno un buon rapporto; per questo sfuggono la passività delle ore notturne con altro fare, altro pensare.

La dipendenza dal proprio mondo relazionale

Puo’invece capitare di incontrare una tipologia di insonne molto addentro alla propria sfera emotivo-affettiva, così addentro da esserne letteralmente risucchiato. L’invischiamento all’interno dei propri legami emotivi è così forte da rendergli quasi impossibile staccare da loro anche nel momento del riposo. Questa persona spesso trascina relazioni ed amicizie anche quando ormai sono deteriorare e rappresentano solo delle zavorre. Di solito ha legami di dipendenza con la famiglia di origine anche quando ha realizzato la propria autonomia economica e abitativa e l’immagine che gli “altri significativi” hanno di lui/lei, continua a determinarne le scelte. Tutto ciò produce un surplus di pensieri e rimuginazioni che non lo abbandonano neanche la notte, favorendo l’insorgere dell’insonnia.

IGIENE DEL SONNO E TECNICHE DI RILASSAMENTO

All’interno del percorso verrà inoltre dedicato del tempo ad illustrare al paziente alcune buone regole per favorire il riposo notturno, quali stabilizzare gli orari in cui ci si corica e in cui ci si alza, evitare attività iperstimolanti prima di coricarsi, non appesantire troppo la digestione notturna, non imporsi di andare a letto troppo presto, svolgere una regolare attività fisica ma non a ridosso dell’ora in cui ci va a letto.

Detto questo è però fondamentale insegnare al paziente delle semplici tecniche di rilassamento nella cui gestione possa diventare autonomo, come il body scan o rilassamento frazionato e successivamente il Training Autogeno.